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COMPITI A CASA. Sì O NO? PUNTI DI VISTA E REGOLE

Eccoci qui: Martina sta facendo i compiti e io, per spingerla a darsi da fare, mi sono seduta di fianco a lei e ho acceso il computer. Mentre faccio finta di lavorare, mi leggo gli ultimi post sul blog di Daniela!

Eh sì, nonostante non sia una bimba capricciosa, convincerla a mettersi sui libri non è sempre facile. Mi sono chiesta tante volte se sia giusto assegnare i compiti a casa a bambini così piccoli, se non sia meglio lasciarli svagare, fare sport o stare semplicemente più tempo con la famiglia. A proposito, giusto qualche tempo fa ho letto un articolo sul giornale che parlava proprio dei compiti a casa…

La fazione del “basta compiti a casa”

L’articolo annunciava che in Francia, da settembre 2018, i compiti a casa non vengono più assegnati: si fanno a scuola e le ore extra dedicate al loro svolgimento sono al massimo 15 al mese. Ma questa non è solo una stravaganza francese, perché anche in Finlandia ne assegnano pochissimi. L’articolo aggiungeva che il modello finlandese è uno dei migliori sistemi scolastici a livello mondiale. Visto che devo continuare a “lavorare” fino a quando Martina non avrà finito i compiti, approfondisco la questione online per vedere come stanno andando questi esperimenti. Da quel che leggo, anche in Italia ci sono insegnanti che stanno seguendo il modello finlandese, convinti che i compiti siano inutili se non addirittura dannosi, poiché limitano la vita in famiglia, specie quelli da fare durante il fine settimana o nei periodi di vacanza.

Ti sembra un’esagerazione? Io ci ho pensato su. Devo ammettere che da una parte mi piacerebbe che mia figlia avesse più tempo libero da dedicare allo sport o ad altre attività meno sedentarie, visto che a scuola sta seduta per diverse ore. In più, per noi genitori non è sempre facile organizzarci per star dietro ai suoi compiti. Perché sì, anche se Martina è abbastanza autonoma, svolgiamo sempre il nostro ruolo di supervisione.

Le mie 5 regole per i compiti a casa

Non credo, però, che i compiti a casa siano un male assoluto. Servono, per esempio, per apprendere meglio quanto viene studiato in classe e per far capire agli insegnanti quali sono le criticità individuali e, in generale, del gruppo. Magari se più bambini commettono lo stesso errore può voler dire che un concetto non è passato come doveva e quindi si può correre ai ripari. In più, vorrei che i compiti a casa insegnassero a Martina il rispetto degli impegni e che avessero un ruolo nella sua capacità di autodisciplinarsi. Per questo ho stabilito delle regole per assicurarmi che affronti questo suo primo vero e proprio impegno nel miglior modo possibile. Eccole.

1. Non interferire troppo. Per esempio, ho deciso di non correggerle i compiti. Per diverse ragioni:

  • credo che questo permetta a Martina di sviluppare sempre più autonomia;
  • sostengo che i compiti vadano corretti in classe, altrimenti perderebbero del tutto senso;
  • penso che sia giusto che Martina commetta errori, perché non c’è nulla di male e, anzi, sono della scuola “sbagliando si impara”.

Lo ammetto, a volte vado a sbirciare tra i suoi quaderni per curiosità, ma non in sua presenza.

2. Stabilire degli orari. Dopo pranzo lascio a Martina un po’ di tempo libero prima di cominciare i compiti, per digerire, rilassarsi e giocare. Così quando apre i libri è fresca e riposata. A volte preferisce stare alla scrivania nella sua cameretta, altre volte viene a studiare sul tavolo in cucina. In entrambi i casi, sgombero il campo in modo che abbia tutto lo spazio necessario per sistemare quaderni, portapenne, libri, diario…

3. Eliminare le distrazioni. Si sa, i bambini fanno in fretta a distrarsi, quindi per aiutare Martina a non perdere la concentrazione, metto via i giochi, tengo il televisore spento ed evito, in generale, di fare rumore.

4. Essere presente. Come ho detto, la mia prima regola è non interferire troppo, ma resto comunque nei paraggi, sia per controllare che la bambina non si distragga, sia per aiutarla quando me lo chiede. In questi casi cerco di capire qual è la sua richiesta: vuole che l’aiuti a capire un concetto? Bene, ci sono, ma fare il compito spetta a lei.

5. E quando Martina fa i capricci? Sì, capita anche questo naturalmente, e a volte ci vuole davvero tanta tanta pazienza. Ma non la sgrido, né la metto in punizione perché temo che queste reazioni non possano sortire altro effetto se non quello di aumentare l’avversione verso i compiti. Cerco invece di empatizzare con lei e di stabilire un dialogo. Le dico che ognuno di noi ha dei doveri e che è importante rispettarli anche quando abbiamo poca voglia, e cerco di farle degli esempi paragonando i suoi compiti con i miei. Poi magari mi metto seduta a fianco a lei e, come prima, mi leggo qualche articolo interessante.